martedì 22 maggio 2012

Un po' di storia di brevetti...


La storia dei brevetti nel nostro paese è complessa, e vanta nobili origini. Il 19 marzo 1474, nella Repubblica di Venezia, venne proposto lo Statuto dei brevetti, appoggiato da queste parole: «Abbiamo fra noi uomini di grande ingegno, atti ad inventare e scoprire dispositivi ingegnosi: ed è in vista della grandezza e della virtù della nostra città che cercheremo di far arrivare qui sempre più uomini di tale specie ogni giorno». Lo statuto fu approvato: 116 voti favorevoli, 10 contrari e 3 astenuti.
Per avere una più stabile regolamentazione dei brevetti bisogna però attendere la istituzione delle grandi accademie “reali” delle scienze, in Inghilterra la Royal Society (1662) e a Parigi l’Académie Royale des Sciences (1666) dove la vigilanza sull’innovazione tecnologica e sulle “invenzioni” divenne finalmente un “affare pubblico” e l’approvazione delle “machines et inventions” fu gestita da apposite commissioni di scienziati. Anche l’Accademia delle Scienze di Torino nata un secolo più tardi, fu attenta sin dalle sue origini a «procurare qualche reale vantaggio alla Comune Società», nominando apposite commissioni di valutazione delle invenzioni ma solo dopo la parentesi del “periodo francese” nel 1815 si iniziò nuovamente e con maggiore sistematicità ad analizzare le invenzioni e a valutarne l’importanza strategica «per lo sviluppo delle arti e delle industrie». Ma i tempi correvano. La rivoluzione industriale, e con essa uno sviluppo importante delle nuove tecnologie, arrivò anche in Italia. Nel 1855 Camillo Benso conte di Cavour, vista l’evoluzione della realtà economica e industriale del paese, e soprattutto capita la reale difficoltà di entrare nel merito di una valutazione effettiva della singola invenzione, promulgò una nuova legge sulle privative industriali. Intanto le industrie si moltiplicavano, le esposizioni dei nuovi “prodotti” si facevano sempre più internazionali, e la competizione nata intorno all’innovazione sempre più dura. Brevettare in Italia, insomma, era necessario, ma con l’allargamento dei mercati si sentì sempre più l’esigenza di brevettare anche all’estero: in Francia, in Inghilterra, in Germania e negli Stati Uniti d’America. Visti i costi maggiori, i brevetti all’estero diventano così frutto di una scelta che premia, per molti versi la loro qualità e così la scelta di analizzare le presenze di italiani in questo deposito di oltre sette milioni di patent può diventare al tempo stesso una sfida ma anche un nuovo modo di fare storia
Il primo United States Patent Act, datato 1790, è un documento costituito da solo sette paragrafi (An Act to Promote the Progress of Useful Arts), in virtù del quale il secretary of state, il secretary of war e l’attorney general erano investiti dell’autorità di concedere «grant patents» per un periodo sino a 14 anni per le invenzioni che risultassero «sufficiently useful and important», posto che l’inventore presentasse un documento descrittivo del trovato al secretary of state. Il 31 luglio 1790 Samuel Hopkins depositò il primo patent per un processo di produzione della potassa, allora usata come fertilizzante. Il brevetto fu firmato dal presidente George Washington.
Nel 1793 il primo Act fu rinnovato da Thomas Jefferson, allora secretary of state, e questo Act definì la materia in maniera così precisa che i suoi principi sono attuali ancora oggi. I patent potevano però essere rilasciati solo ai cittadini degli Stati Uniti; solo nel 1800 si aggiunse un emendamento con cui si permetteva l’accesso al patent office anche agli stranieri che risiedessero negli Stati Uniti da almeno due anni, e solo nel 1832 con un nuovo Act si allargò la categoria dei richiedenti stranieri che dichiarassero l’intenzione di diventare «citizens of the United States». Infine, nel 1836, un nuovo Act rimosse tutte le limitazioni alla nazionalità di appartenenza, mantenendo comunque un elemento discriminante: la tassa da depositare per la richiesta di brevetto era di 30 dollari per i cittadini statunitensi, di 500 dollari per i sudditi dell’impero britannico e di 300 dollari per tutti gli altri. 

 
Ma è necessario lasciare scorrere ancora alcuni anni per arrivare a quello che presumibilmente è il primo brevetto depositato in America da un italiano: il 7 ottobre del 1851 venne concesso il patent n. 8417, che inaugura la raccolta di brevetti presenti sul volume 150 (anni di) invenzioni italiane. L’inventore di una strana locomotiva mossa da alcuni cavalli che camminavano su una sorta di tapis roulant era tal Clemente Masserano, che compariva nel testo come «of Turin, France, a subject of the King of Sardinia». Lingua ufficiale del Regno di Sardegna oltre all’italiano era anche il francese, parlato in Savoia.

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